Libretto d’Ozi, settimana quarta. Le “settimane d’ozio” del Teatro del cerchio

0
630

di Isabella Grassi, #librettodozi

Siamo sempre qui con le anticipazioni della rassegna Spazi d’Ozio, per darvi occasioni teatrali e come di consueto  con la frase della settimana da scoprire insieme, e con il nostro racconto che prosegue con quanto successo la trascorsa settimana. Ma andiamo con ordine.

CALZE-SOCKS sono le parole che personalizzavano lo spettacolo che abbiamo visto per voi la settimana scorsa, dove avevamo già parlato dello spettacolo, usando alcune dichiarazioni dell’attore e regista Mario Mascitelli che aveva spiegato che  la  sua realizzazione spettacolo ha rappresentato per lui la possibilità di unire le sue due grandi passioni: il teatro (che è il suo lavoro) e il baseball che pratica da 44 anni, prima come giocatore (con un passato di oltre 10 anni in serie A) e poi come allenatore di club e per 18 anni delle nazionali (con le quali ha vinto 4 titoli europei).

Lo spettacolo narra della storia del campione di baseball americano Lou Gehrig che fu tra i primi ad ammalarsi di SLA tanto che la malattia venne ribattezzata “Morbo di Gehrig”. La sua storia è quella di un uomo esemplare sia in campo che fuori e che stabilì molti record (uno su tutti le partite giocate continuamente 1230. Un record rimasto imbattuto per 70 anni). Quando scoperse di essere ammalato fece un discorso davanti a 40.000 persone iniziando con “Oggi io posso dire di essere l’uomo più fortunato del mondo”

Questa frase compare proiettata più volte e riempie di pathos lo spettacolo, regalando allo spettatore

una essenza e una forza da tragedia shakespeariana.

Se vi state però chiedendo il perché delle parole scelte, ve lo spiega sempre Mascitelli che alla mia domanda sulla scelta della divisa da baseball che indossa nello spettacolo, se fosse sua o meno, ha così risposto: “Come sempre, nei miei spettacoli, gli abiti che indosso si trasformano insieme al personaggio cercando di far rivivere situazioni e mode dei tempi con piccoli cambiamenti o particolari. In questo caso indosso dei “Sox” delle calze che si usavano portare in campo sopra quelle normali, che sono fatte con una lunga striscia. Quelle nello spettacolo sono le mie di quando avevo 10 anni.”

C’è molta umiltà e molta umanità in questa dichiarazione, e non si può non concordare, dopo averlo visto con l’affermazione del regista-attore: “Il grande merito dello spettacolo è quello di spiegare questo sport anche a chi non ne conosce le regole risaltando le capacità di Lou. La preparazione del testo ha richiesto oltre cinque anni di ricerche sia per filtrare tutte le notizie a disposizione sia per affrontare in maniera delicata una malattia terribile quale la SLA. Ne è venuto fuori uno spettacolo che rispetta sia i personaggi che chi deve combattere quotidianamente con la malattia, sua o di un suo caro.”

Sul perché lo spettacolo vada visto ha poi così risposto: “Va visto perché ci sono grandi storie da raccontare e da conoscere e perché il personaggio offre a tutti il significato del non arrendersi mai neanche quando si è eterni secondi. Lui, campionissimo giocava nella stessa squadra di Babe Ruth (il Maradona del baseball per capacità e vita sregolata) che oscurava la grande abilità e regolatezza che aveva in campo. Quando gli Yankees di New York vendettero Babe Ruth (e Lou sarebbe diventato il numero 1) scoprì di avere la SLA e si dovette ritirare.  Chi ama lo sport e ama il teatro non può perdersi un connubio vincente come questo.

E’ stata una serata densa di pubblico, qui immagini e video e la quarta puntata di “A Telefono Spento” di Giovanni Bertani, con il suo sguardo particolare, quasi alieno e quasi perso nei frammenti da ricomporre e nella ricerca del tutto.

A telefono spento
TRE O FORSE QUATTRO, NON IMPORTA

Il tuo telefono è morto, hai perduto ogni contatto con il mondo.

Hai rotto il cavo del caricabatterie e hai setacciato la città morente di caldo alla ricerca di un negozio che vendesse il modello giusto con l’attacco giusto. Una schiavitù da criceto nella ruota dentata di un ingranaggio senza senso, virtuale.

Un continuo parlarsi addosso per certificarsi vivi. Siamo degli esseri ventriloquenti. Ti domandi perché non arrivano gli alieni e poi ti rispondi che non saprebbero di cosa farsene di noi.

Rientri, le finestre della vicina sono spalancate come se lei fosse andata via in fretta e furia. Le tende si agitano al vento della sera. Sembrano fantasmi cattivi che si agitano e vogliono sapere cosa sia successo. Sul vetro di una finestra c’è il volto di un uomo, forse il riflesso di un ritratto di sepolcrale pallore appeso all’interno.

Metti sotto carica il portatile: un morto in attesa di resurrezione dal sepolcro digitale. Il telefono di casa però ha la luce verde: è vivo. Componi il numero della vicina. Dall’altra parte della strada un telefono a disco squilla, spezza il caldo, riempie le vie, i tetti; dei piccioni si alzano in volo. La finestra si sposta nel vento, il volto riflesso scompare come se non ci fosse mai stato.

Metti giù, torna il caldo e il silenzio. Il tuo telefono potrebbe squillare da un momento all’altro. Esci facendo le scale di corsa. Il vicino sta caricando le valige in macchina. Sua moglie ti mette le chiavi di casa in mano.

«Per le piante di casa. Se potesse annaffiarle ogni sera prima di andare a dormire» dice e ti strizza l’occhio.

«Ma dove andate?».

«Facciamo un giro e torniamo a casa sani e salvi»

Tu adori le risposte senza senso, sembrano più vere. Li lasci andare, scoppiettanti sul loro macinino e ti avvii anche tu.

C’è baruffa nell’aria, come in certe pubblicità. Ma ormai l’hai imparato che al tramonto si alza sempre il vento.

«Sono le astronavi invisibili che partono» ti dice il tuo amico.

Partono, aggiunge, conquistano nuove basi e tornano a casa sane e salve.

Sul palco nero c’è un telo bianco e una palla da baseball sullo sfondo. Nel mezzo Lou Gehrig lotta per la vita e per la morte; parte da casa base, conquista le basi e torna a casa sano e salvo.

Il suo volto pallido e mortale lo hai già visto: era il riflesso nella finestra della vicina. Viene ricordato, è l’uomo più fortunato al mondo. E sembra che rida della tua vita piatta e inutile.

Lasci il tuo amico e le sue astronavi aliene e torni a casa. Ti ricordi delle piante del vicino e ti accorgi che insieme alle chiavi di casa ti ha dato anche quelle della cantina. Tu non le hai mai avute e ci vai, alla ricerca di frescura.

Dentro è buio e fresco e c’è odore di muffa. Accendi la luce e vedi un corridoio stretto, ragni bianchi sulle pareti. Non hanno mai visto il sole. Forse lo sognano e basta.

Avanzi e pensi che potrebbero camminarti sulle braccia o caderti sulla testa, entrarti nelle orecchie. Impossessarsi di te.

Ti accorgi che il timer della luce sta per giungere al termine. Corri verso l’altro interruttore più avanti. Accendi appena in tempo.

Si illumina il resto del cunicolo davanti a te e si spegne quello alle tue spalle. O avanzi o torni indietro al buio, allora avanzi e corri, come verso un’altra base. E poi ancora fino alla fine del corridoio. C’è una porta. Frughi tra le chiavi e la apri. Sali la scala e ti trovi nel palazzo di fronte, quello dove abita la vicina.

Vorresti salire le scale, scoprire se anche questa volta ha lasciato la porta aperta, ma senti dei passi al piano superiore. È rientrata.

Troppa realtà in una volta sola.

Esci, attraversi la strada ed entri a casa. La tua casa base.

Sano e salvo.

 

Sfogliamo insieme cosa ci riserva la settimana e le parole chiave che vi sveleranno la frase finale: innanzitutto vi segnaliamo un piccolo cambio di programma questa settimana, che inizierà il

6 luglio  ore  19.00
“Il re solosoletto”- Teatro del Cerchio con Mario Mascitelli e Gabriella Carrozza da Rafael Estrada
Uno spettacolo divertente in cui gli attori si cimentano in un frenetico trasformismo grazie a un abile uso del linguaggio del corpo.
Come ogni favola questo spettacolo viene presentato con l’incipit: “C’era una volta un re”, ma in questo caso il regno era così povero, ma così povero che tutti gli abitanti decisero di trasferirsi nel regno vicino. Alla fine, dopo tutte quelle partenze, nel regno rimase una persona sola. Una persona che non poteva andarsene, perché altrimenti il regno avrebbe smesso di essere un regno. Quella persona, naturalmente, era il re: il re Solosoletto.

REGNO è la parola di questo spettacolo.

7 luglio  ore 21.30
“Dolmezia” – Spettacolo di prosa con Anna Amato. Straligut Teatro. Monologo liberamente ispirato ad un racconto di Matteo Galiazzo, per la regia Francesco Pennacchia
Siamo nel tardo ‘500, in Toscana. Dolmezia, giovane fanciulla, sedotta e abbandonata, intraprende una “ricerchia”, insieme ad altre sue compagne, per scovare il seduttore che le ha abbandonate dopo averle messe incinta. Ci si prepara alla festa, il palco che viene allestito per la più importante attrazione della serata fa da catalizzatore; tutti saranno lì: prelati, uomini incappucciati, condannati, spettatori… è il posto giusto, è il momento giusto. Si può cominciare!

SEDUZIONE è la parola di questo spettacolo.

9 luglio  ore 21.30
“Clitennestra” – Spettacolo di prosa con Isabella Caserta e Jana Balcan. Teatro Scientifico,  di/da Marguerite Yourcenar
Un amore devastante che travalica la morte. Clitennestra: vittima o carnefice?
Uno spettacolo che vuole rivedere il mito classico con lo sguardo di Marguerite Yourcenar, con una  poesia e una musicalità a fare da contraltare, l’assassinio di Agamennone, perpetrato dalla moglie Clitennestra, nella rilettura di Yourcenar Clitennestra lo  ha già compiuto e verrà rievocato insieme all’amore che nonostante tutto prova ancora per Agamennone.

VITTIMA E CARNERFICE le parole di questo spettacolo.

8, 10, 11, 12 luglio ore 21:30
“Festival della Parola” – Incontri e concerti a cura di Rinascimento 2.0
Per un nuovo modo di parlare e ascoltare, per scoprire un teatro diverso.

PAROLE E MUSICA le parole di questi incontri.
Tutti gli eventi saranno presso il Centro Giovani Federale di Via XXIV Maggio a Parma, per la rassegna Spazi d’Ozio del Teatro del Cerchio. La prenotazione è OBBLIGATORIA tramite sms o whatsapp al numero 3515337070 oppure alla casella di posta prenotazioniteatrodelcerchio@gmail.com e l’ingresso è a OFFERTA LIBERA.

La frase della settimana è dunque: nel Regno della Seduzione le Parole e la Musica sono Vittima e Carnefice. Seguiteci in questo viaggio.


(6 luglio 2021)

©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata