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Da Marco Maria Freddi riceviamo e pubblichiamo integralmente: “Gli estremisti della coscienza”

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di Marco Maria Freddi*

Care compagne e cari compagni,

la ricorrenza della morte di Alexander Langer e il riconoscimento politico del metodo di accoglienza della Corte dei Miracoli di Parma ci pongono di fronte a una domanda urgente: siamo disposti ad agire con il coraggio che la storia ci chiede?

Dobbiamo sfidare le logiche del consenso facile, le resistenze di chi teme che l’amore per gli ultimi possa minacciare privilegi consolidati e calcoli elettorali. Dobbiamo superare la presunzione dei poteri costituiti – associazioni, chiese, istituzioni – che si credono depositari dell’unica verità operativa, incapaci di comprendere che la storia impone un continuo rinnovamento dei metodi e delle prassi, e che la carità senza giustizia sociale è solo un palliativo per coscienze inquiete.

Esistono persone che la storia ricorderà come “estremisti della coscienza”: uomini e donne che hanno messo l’amore per la vita al di sopra di ogni convenzione, che hanno sfidato l’indifferenza e infranto le barriere dell’immobilismo. La loro grandezza si misura non solo nei risultati ottenuti, ma anche nell’amarezza dell’abbandono che hanno dovuto sopportare da chi avrebbe dovuto sostenerli.

Mario Tommasini, l’ex partigiano che sfidò il proprio partito occupando il manicomio di Colorno, fu isolato dalla sinistra istituzionale per aver messo la coscienza prima della disciplina di partito. La sua “eresia della carità” infastidiva chi preferiva le riforme tiepide all’azione coraggiosa.

Alexander Langer, l’uomo dei ponti, morì solo e logorato dalla disperazione. Il movimento verde e pacifista lo ripudiò quando chiese un intervento dell’ONU per fermare i massacri in Bosnia. La sua comunità in Alto Adige lo abbandonò per aver rifiutato le etichette nazionaliste. Scelse la realtà più dura, la difesa dei vulnerabili prima dell’ideologia, e per questo pagò il prezzo dell’isolamento.

Don Luciano Scaccaglia e Simone Strozzi a Parma sono stati gli artefici dell’accoglienza radicale, aprendo le porte a chi era più vulnerabile, sempre e senza alcuna eccezione. La loro opera “indiscriminata, oltre la povertà e la sofferenza, dentro al sogn” li ha visti spesso osteggiati da colleghi, operatori, istituzioni e Chiesa cattolica che avrebbero dovuto essere loro alleati.

Mimmo Lucano a Riace ha dimostrato che è possibile “fare del bene rendendo le nostre città più sicure, accogliendo tutti, formandoli e offrendo loro un lavoro dignitoso”. Eppure il suo modello di accoglienza integrata, simbolo mondiale di buone pratiche, è stato criminalizzato e lui stesso abbandonato.

Don Massimo Biancalani a Pistoia ha incarnato una Chiesa in uscita, una spiritualità che si traduce in azione concreta per gli ultimi, scontrandosi con chi – l’istituzione cattolica – preferiva la prudenza al coraggio.


Cosa accomuna questi “Estremisti della Coscienza”?

Un amore sconfinato per la vita che non si accontenta di principi astratti o riforme tiepide. Non hanno atteso l’autodeterminazione di chi non ha forza di scegliere. Hanno agito con passione, trasformando l’utopia in strumento di cambiamento reale. Hanno osato percorrere sentieri di confine, consapevoli dei rischi, ma mai mettendo in discussione la bontà del loro intento, consapevoli degli errori amministrativi che avrebbero potuto comportare, ma mai mettendo in discussione la bontà e l’onestà del loro intento. Hanno tolto dalla strada persone emarginate ed escluse da qualsiasi percorso di ritorno alla vita, spesso senza aspettare finanziamenti statali, andando oltre le convenienze politiche e le timidezze istituzionali.

La storia della Corte dei Miracoli di Parma rappresenta il naturale proseguimento di questo pensiero. Da Don Luciano Scaccaglia a Nadia Buetto, passando per Simone Strozzi, queste persone hanno messo e mettono la coscienza al di sopra di ogni calcolo. Il loro metodo, ora riconosciuto dall’Amministrazione di Parma, ha dimostrato di funzionare.

Ma non possiamo fermarci qui. Ancora 265 persone censite dai servizi di strada vagano per le strade di Parma e di tutte le città italiane. Il riconoscimento politico del metodo è solo l’inizio: ora dobbiamo estenderlo a chi può, a chi ne ha le risorse umane ed economiche.

Alle compagne e ai compagni in cerca del senso di fare politica progressista, rispondo che la vera sfida consiste nel costruire un agire politico profondamente significativo: affrontare con coraggio le complessità contemporanee, promuovere uguaglianza e giustizia, progettare soluzioni innovative e sostenibili, alimentare speranze concrete per il futuro. Solo attraverso questo impegno autentico, riconoscibile, potremo guadagnarci la fiducia dei cittadini e diventare un punto di riferimento per un mondo più giusto.

Spero che l’Amministrazione di Parma abbia il coraggio di compiere un atto politico che la caratterizzi come innovativa nel panorama italiano: farsi promotrice di una proposta concreta agli operatori del territorio.

Associazioni di accoglienza e Chiesa Cattolica – realtà che usufruiscono di denaro pubblico e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità – possono e debbono aprirsi a un metodo che non lascerebbe nessuno più per strada. In questi tempi difficili, non dobbiamo smettere di sognare una società aperta, capace di accogliere e valorizzare ogni vita.

È necessario sostenere chi, come questi “estremisti della coscienza”, è disposto – per citare Alexander Langer – a cadere da entrambi i lati del ponte pur di costruirlo.

*Radicale e Socialista, iscritto al Partito Democratico e PSOE

 

 

 

 

(7 luglio 2025)

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