di Marco Maria Freddi, #Politica
“Assolto perché il fatto non sussiste” e questo, malgrado la coltivazione di 15 piante di marijuana e 800 grammi di infiorescenze messe già ad essiccare. Una vittoria per Walter De Benedetto ma anche per tutti coloro che vivono le sue stesse difficoltà.
Walter De Benedetto, cinquantenne aretino, fin dall’adolescenza soffre di artrite reumatoide, una malattia degenerativa che lo costringe a letto e che provoca dolori atroci. Non c’è una cura per la sua patologia ma c’è un modo per soffrire un po’ meno e per soffrire un po’ meno ha rischiato quattro anni di carcere. La sentenza di assoluzione di Walter De Benedetto contiene in sé due aspetti: il diritto alla cura e la questione della coltivazione domestica ad uso personale.
Sono ormai quindici anni che nel nostro Paese c’è una legge che prevede la possibilità, anzi il diritto, per i malati che ne hanno bisogno e che hanno una prescrizione medica, di essere curati con i cannabinoidi e sono migliaia i malati di malattie degenerative in uno stato avanzato o malati oncologici che ne fanno richiesta ma la produzione è troppo bassa.
Il monopolio della produzione è in mano pubblica, presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, stabilimento che non può soddisfare la richiesta, il fabbisogno dei malati è in crescente aumento poiché la ricerca medica ha dimostrato che la cannabis è efficace nella cura del dolore.
Bisogna aprire, e questa è parte della proposta parlamentare, ad un sistema di accreditamento di soggetti privati per la produzione e/o l’importazione di cannabis terapeutica sotto il controllo pubblico, in modo che non ci sia più il monopolio della produzione pubblica che non è in grado di rispondere alle esigenze dei malati.
Ma la storia di Walter De Benedetto racconta anche della questione dell’auto coltivazione, di auto coltivazioni non solo a scopo terapeutico ma anche per uso ludico.
La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2019 dice che la coltivazione domestica per uso personale non è penalmente rilevante ed è per questo che serve un intervento normativo sul testo unico degli stupefacenti, intervento che dica chiaramente che la coltivazione domestica per uso personale non può essere punibile né per via penale né per via amministrativa.
Diritto all’accesso ai farmaci di origine cannabinoide come la legge prevede, legalizzazione dell’auto coltivazione per uso personale. Due aspetti di uno stesso problema, il governo di un fenomeno, due aspetti che contribuirebbero ad alleviare le sofferenze dei malati, a liberare le strade dallo spaccio e a ridurre i guadagni delle mafie.
Per contribuire al dibattito, presenterò una mozione in consiglio comunale di Parma denominata “Iniziative per la attuazione della normativa in materia di derivati della cannabis a uso medico a livello regionale”, un modo per risollevare un dibattito, appiattito e strumentale ben interpretato solo da chi, acriticamente, si alimenta di furore ideologico o elettorale.
(3 maggio 2021)
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